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TERAPIA GENICA"

 

Prof. Franco Carnevale
Unità operativa
Malattie Metaboliche e Genetiche
Ospedale "Giovanni XXIII"
Bari

 

 

La terapia genica nasce nei primi anni 90', come nuovo approccio al trattamento di patologie ereditarie e consiste nell'inserimento di uno o più geni normofunzionali al posto di altrettanti geni difettosi.

Il concetto, di per sè elementare, non trova ancora applicazione pratica su larga scala: infatti la terapia genica è ancora in fase I come trial clinico (selezione dei pazienti, valutazione di effetti colaterali indesiderati) con un impatto reale - nella pratica clinica corrente - ancora minimo.

A tutt'oggi, benchè siano ormai numerosi i protocolli clinici elaborati ed approvati dai Comitati Etici (oltre 170 solo negli Stati Uniti, un centinaio circa in Europa, con oltre 1500 pazienti arruolati in tutto il mondo), si può affermare che la terapia genica sia stata sufficientemente  sperimentata solo nella immunodeficienza grave combinata (SCID: Severe Combined Immunodeficiency), determinata da deficit di adenosin-deaminasi.

E' opportuno sottolineare che passerà ancora molto tempo prima di una applicazione pratica su larga scala nell'uomo.


Negli ultimi anni i ricercatori del Progetto Genoma Umano sono riusciti ad identificare, mappare e caratterizzare tutti i geni della nostra specie.

Ma lo studio delle funzioni di ogni singolo gene e la decifrazione dei prodotti genici coinvolti nelle oltre 7000 malattie genetiche sinora note occuperanno sicuramente vari decenni di questo secolo.

Esistono due tipi di terapia genica: quella germinale e quella somatica.

Molti ricercatori ritengono che un intervento terapeutico sulla linea cellulare germinale (spermatozoi ed ovociti) risulterebbe ben più efficace rispetto al trasferimento genico nelle cellule somatiche, in quanto mirerebbe alla eliminazione totale e persistente delle sequenze genetiche responsabili di determinate malattie ereditarie.

Si tratterebbe, pertanto, di una manipolazione definitiva della linea germinale, atta a curare non solo il paziente, ma anche isuoi discendenti.

Allo stato attuale tuttavia, la terapia genica sperimentale è vietata sulle linee germinali umane, non su quelle animali, nella maggior parte dei Paesi europei, negli Stati Uniti ed in Canada.

Ciò nonostante, French W. Anderson, direttore del programma di "Genic Therapy" presso la University of Southern California ha sottoposto all'ente di controllo americano un progetto di terapia genica germinale sull'uomo.

Se esso venisse approvato, assisteremmo all'eliminazione dell'ultimo scoglio etico alla manipolazione umana del codice genetico in fase embrionale, ma si concretizzerebbero anche legittime apprensioni nei confronti di un futuro incerto e denso di nubi.


Si riaprono, pertanto, discussioni e polemiche sulla eugenetica, sul superuomo, sulla razza eletta, di hitleriana memoria; ma la grande differenza tra l'ieri e l'oggi deve consistere nel miglioramento della specie umana globalmente considerata.

E' questo che si chiede alla genetica di Terzo Millennio, anche se la transizione da Homo Sapiens, frutto di selezione naturale, ad Homo Supergeneticus, prodotto di manipolazione genetica, potrebbe riservare rischi ancora non del tutto valutabili.

La terapia genica somatica mira a correggere il difetto genetico solo nel paziente e non nei suoi figli.

Il primo tentativo venne effettuato nel settembre 1990 in un bambino con deficit di adenosindeamiasi. Cellule monocitarie T attivate, provenienti da sangue periferico del paziente, venivano trasferite - dopo opportuno trattamento - mediante un vettore retroviale contenente cDNA del gene umano ADA, nello stesso paziente per via endovenosa una decina di giorni dopo.

Tale tecnica si basava su un approccio denominato "in vivo": cellule autologhe, rimosse dall'organismo del paziente, venivano prima coltivate e manipolate geneticamente, successivamente reinserite nelo stesso paziente mediante vettori retrovirali, utilizzati come prototipi. Si evidenziarono tuttavia ben presto difficoltà di ordine pratico, tra le quali essenzialmente la incompleta purificazione del virione e la limitazione di raggiungere la cellula bersaglio solo in fase miotica.


Attualmente si punta alla terapia genica in vivo, che consiste nel trasferimento diretto del gene ricombinante (terapeutico) nel tessuto affetto, mediante vettori modellati su adenovirus.

Ciò perchè gli adenovirus possono essere coltivati in grandi quantità, purificati in alto grado, adattati a trasferire il genoma ricombinante in cellule non necessariamente in fase miotica.

La terapia genica in vivo - sembra chiaro - è la via da percorrere in futuro.

Non vanno tuttavia sottovalutati gli ostacoli, connessi alle informazioni spesso insufficienti sulla biologia di base dell'organo bersaglio e sui meccanismi fisiopatologici delle malattie candidate alla terapia genica.

I programmi futuri dovranno tener conto di queste limitazioni, ed occorrerà concentrare gli sforzi per migliorare la attuale tecnologia: maggiore efficienza nei processi di traduzione (= inserimento del gene nella cellula bersaglio), minori rischi nella integrazione di DNA estraneo nel patrimonio genetico delle cellule somatiche e nella manipolazione dei vettori virali.

Tra le condizioni genetiche candidate alla terapia genica figurano le epatopatie metaboliche, quindi la malattia di Gaucher e le galattosemie; il difetto di ornitin-carbamil-transferasi; le mucopolisaccaridosi; quali in particolare la malattia di Hunter; la fibrosi cistica del parcreas; le malattie sistemiche acquisite, quali l'HIV.

Altri devastanti disordini candidati sono le malattie neurometaboliche, condizioni geneticamente determinate, di solito autosomiche recessive, associate nella maggior parte dei casi a neurodegenerazione progressiva.


Per queste malattie dovranno essere affrontati e risolti i seguenti problemi:

1. rimpiazzo genico del singolo allele mutato;

2. roparazione precoce del tessuto cerebrale, al fine di scongiurare il deterioramento neuronale esteso, tipico della patologia neurogenerativa.

Un terzo importante gruppo è rappresentato dalle condizioni neoplastiche.

Nel bambino con tumore cerebrale, nell'adulto con glioma diagnosticato precocemente, si prospettano arditi interventi di trasferimento, nelle cellule neuronali, di:

1. geni terapeutici (mediante vettori virali neurotropi);

2. trapianti di cellule in precedenza modificate geneticamente;

3. impianti di cellule neuronali progenitrici, embrionarie o fetali;

4. enzimi specifici, neurotrasmettitori, fattori di crescita neuronale;

5. geni "suicidi" indirizzati a distruggere selettivamente il tessuto neoplastico bersaglio.

In conclusione, la terapia genica apre indubbiamente nuove e promettenti prospettive nel trattamento di malattie oggi considerate incurabili, ma le tecniche attualmente disponibili non ne consentono ancora una estesa applicazione in campo clinico.

 
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